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Il colibrì

di Sandro Veronesi

mercoledì 22 aprile 2020, ore 16:30

Il colibrì è tra gli uccelli più piccoli al mondo; ha la capacità di rimanere quasi immobile, a mezz'aria, grazie a un frenetico e rapidissimo battito alare (dai 12 agli 80 battiti al secondo). La sua apparente immobilità è frutto piuttosto di un lavoro vorticoso, che gli consente anche, oltre alla stasi assoluta, prodezze di volo inimmaginabili per altri uccelli come volare all'indietro... Marco Carrera, il protagonista del nuovo romanzo di Sandro Veronesi, è il colibrì. La sua è una vita di perdite e di dolore; il suo passato sembra trascinarlo sempre più a fondo come un mulinello d'acqua. Eppure Marco Carrera non precipita: il suo è un movimento frenetico per rimanere saldo, fermo e, anzi, risalire, capace di straordinarie acrobazie esistenziali. Il colibrì è un romanzo sul dolore e sulla forza struggente della vita, Marco Carrera è - come il Pietro Paladini di "Caos Calmo" - un personaggio talmente vivo e palpitante che è destinato a diventare compagno di viaggio nella vita del lettore. E, intorno a Marco Carrera, Veronesi costruisce un mondo intero, una galleria di personaggi indimenticabili, un'architettura romanzesca perfetta come i meccanismi di un orologio, che si muove tra i primi anni '70 e il nostro futuro prossimo - nel quale, proprio grazie allo sforzo del colibrì, splenderà l'Uomo Nuovo.

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I commenti

Commento inviato da Gloria il 24/07/2020 09:33

Romanzo controverso, capace di suscitare, in egual misura, lodi sperticate e stroncature feroci, fino all’accusa di plagio.
Premetto che ho ascoltato il libro due volte, letto dall’eccellente Fabrizio Gifuni, un valore aggiunto di non poca importanza.
Romanzo corposo e complesso, spesso sopra le righe, difficile da catalogare. Lettura non semplice e non sempre gradevole a tratti eccessiva e delirante.

Urticanti e puntigliosi i lunghi elenchi, pedanti le lezioni e le spiegazioni su ogni ramo dello scibile umano, destabilizzanti i continui cambi di tempo e luogo, che certamente non agevolano la narrazione... tuttavia ho apprezzato :
- la grande capacità dell’autore nella caratterizzazione psicologica dei personaggi, in particolare nel rapporto tra il padre e la madre (OGGETTI) e tra Marco e Luisa (STATICITÀ/MOVIMENTO)
- lo sguardo complessivo sulla “ impanatura psicoanalitica” e soprattutto la bella figura del Dott. Carradori.
- la descrizione delle dinamiche del gioco d’azzardo: inviti di tipo A B C .
- affascinante la riflessione sullo SGUARDO, ricca di colti rimandi e citazioni (mi ha ricordato le statue bendate di Saramago)
- molto efficace nel conferire drammaticità, la reiterazione ossessiva dei nomi : Luisa...Luisa...Luisa mia o l’angoscioso Driiin...Driiin...Driiin... del telefono (non dico altro ).
- la figura di Miraijin è al di sopra delle mie scarse nozioni e comprensione.
- il finale (tanto vituperato !) anche se un po’ teatrale, non mi è dispiaciuto.
In conclusione non ho ancora deciso se questo libro mi sia piaciuto, mi sento però di affermare che Veronesi è un ottimo scrittore ( sul genere di Philip Roth e Donna Tartt ... con le debite proporzioni !)
Su una cosa sono pronta a scommettere : sulla vincita del Premio Strega!

Commento inviato da Gloria il 24/07/2020 09:34

Permettetemi un’appendice su quell’urticante, tedioso
“inspiegabile e inutile” elenco degli arredi di casa Carrera :
Marco cresce circondato dall’infelicita’ in una casa museo, vive nel compiacimento dell’ESTETICA, il padre (ingegnere) e la madre (architetto) non si amano.
La distanza tra loro si annulla solo quando devono scegliere gli OGGETTI
“ ... l’essere vissuto in quella casa gli aveva trasmesso una certa arrogante sensazione di superiorità, tipica di certe famiglie borghesi degli anni ‘60/‘70 : l’impressione di vivere, se non nei migliori mondi possibili, perlomeno nel più bello. Primato di cui la roba accumulata da suo padre e da sua madre era la prova “
Stessa cosa dicasi per il puntiglioso elenco dei libri di fantascienza URANIA, attraverso i quali Marco ricostruisce tutta la vita del padre.

Commento inviato da Ida il 24/07/2020 09:34

Ida in una prima fase ha letto con piacere ed è stata coinvolta, ha letto in modo ingordo. Poi a freddo ha avuto l’impressione di uno scrittore che maneggia molto bene la scrittura, ma che nel voler essere moderno a tutti i costi esagera, come ad esempio nei capitoli costituiti da messaggi SMS o da elenchi. Sembra quasi voglia iniziare una nuova epoca del romanzo. La quantità di dolori nella vita di questo personaggio è veramente eccessiva. Nella vita di Carradori accadono troppe disgrazie, c’è troppa resilienza, al limite della credibilità. La scena finale è addirittura imbarazzante, come se si spettacolarizzasse un momento sacro della vita, violandolo: una specie di ricevimento di morte. Ancora poco comprensibile la figura dell’uomo nuovo, costruita come una sintesi di tutte le razze.

Commento inviato da Massimiliano il 24/07/2020 09:35

Il colibri è in apparenza l'organismo vivente che meglio rappresenta Marco Carrera, perché sembra resistere immobile nello spazio e nel tempo. Ma MC non e immobile nello spazio e nel tempo. E' una persona forse non particolarmente forte, ma dotata di una certa sensibilità. Nel tempo gli avvenimenti si susseguono e si stratificano: le persone sensibili provano più intensamente gioie e dolori e ne conservano memoria. Carrera potrebbe fuggire fisicamente dal drammi che lo investono, ma non mentalmente, perché è vincolato a legami di familiarità e di vita vissuta con chi lo lascia.
Carrera non può sfuggire a questi vincoli perché ne è compartecipe. Lui non è particolarmente resiliente: è soprattutto coinvolto come lo è ogni persona umana capace di affetto.
E' senz'altro un libro carico di dolore: ma il dolore esiste, o comunque potrebbe esistere, per ciascun essere umano: basti pensare a chi si trovi nelle condizioni di chi si debba curare e nel contempo debba far fronte a impellenti necessità economiche senza poter contare su una rete di protezione atta a soccorrerlo.
Vorrei dire due semplici parole sul personaggio di Mirai Jin (alla lettera nuova persona), con le sue caratteristiche genetiche modificate: questa sembra essere una panacea escogitata da Veronesi per conferire un elemento di speranza per sé e per il lettore: ma non è un po' troppo ottimistica questa visione? non c'è, nella vita reale, come nel caso di una terapia ormonale azzardata, una contropartita?

Commento inviato da Daniela il 24/07/2020 09:35

Anche a Daniela il libro è piaciuto. Il tema centrale è il dolore e il modo come una persona riesce a non farsi schiacciare dal dolore. La scrittura è gradevole e i salti temporali, che talvolta nei romanzi sono fastidiosi, qui invece aggiungono valore e varietà dato che hanno una motivazione, sono lettere, SM; anche gli elenchi, che sono un po’ pesanti, rappresentano tutti gli oggetti che negli anni Settanta erano uno status symbol della media borghesia. Due capitoli in particolare sono piaciuti, uno è “I Mulinelli”, quando la prima volta la sorella tenta di suicidarsi, l’altra quando riceve la telefonata della morte di Adel. Bellissima la figura del dott Carradori, ben descritta. Invece la figura di Miraijin lascia un po’ perplessi.

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